LA FISICA IN UNO SCATTO

Concorso ideato e curato dal Social Media Manager del Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", Dr. Alice Aldi e promosso dal Dipartimento di Fisica dell’Università degli Studi di Roma "Tor Vergata".

In questa pagina sono raccolte le dodici foto vincitrici relative ai dodici temi trattati nella prima edizione del concorso che mette in contatto la fotografia e la fisica.

Foto vincitrice di: Possanza Fabio ©

Foto vincitrice di: Possanza Fabio ©

I. Per un pugno di ASTRI

Curiosità: il Sole è una nana gialla (classificazione spettrale G2 V). Questa denominazione però non riguarda l’effettiva colorazione del sole, ma piuttosto è legata alla sua massa (1 massa solare) ed alla sua temperatura superficiale (5777 K). La colorazione giallo/arancione del Sole è un fenomeno dovuto essenzialmente all’atmosfera terrestre che a seconda dell’altezza del Sole nel cielo (unita anche a specifiche condizioni meteorologiche) attua una selezione tra le varie lunghezze d’onda che compongono lo spettro visibile (al quale l’occhio umano è sensibile) della radiazione solare mediante il processo di diffusione ottica. Come però è testimoniato da diverse “fotografie” in specifiche bande dello spettro elettromagnetico, Il Sole emette radiazione lungo tutto lo spettro elettromagnetico. Per quanto possa sembrare paradossale, Il Sole è una buona approssimazione di un noto oggetto ideale, il corpo nero. Quest’ultimo è detto “nero” poiché assorbe tutta la radiazione incidente su di esso (assenza di riflessione) ma, per la legge di conservazione dell’energia, è costretto a riemetterla tutta senza alcuna distinzione.

Foto vincitrice di: De Gasperis Giancarlo ©

Foto vincitrice di: De Gasperis Giancarlo ©

II. Lo SPETTRO VISIBILE, il collezionista di colori

Curiosità: Lo spettro visibile è una parte dello spettro elettromagnetico che copre l’intervallo in lunghezza d’onda ~700 nanometri (rosso) -- ~400 nanometri (violetto). Rispetto all’intero spettro elettromagnetico è un intervallo piccolissimo, ma che regala agli esseri viventi come noi emozioni e spettacoli indimenticabili. Siamo molto fortunati nel possedere tra i nostri “apparati sperimentali”, gli occhi, che ci permettono di rivelare questa parte così variopinta dello spettro elettromagnetico. Nel nostro occhio il vero e proprio rivelatore di colori è la retina, la quale si comporta come una pellicola fotografica adatta a ricevere impressioni sia in bianco - nero che a colori. Essa è costituita da un gran numero di cellule sensibili alla luce che si differenziano in: "bastoncelli" e "coni". Gli impulsi luminosi ricevuti dai coni e dai bastoncelli vengono trasmessi al cervello tramite il nervo ottico. I bastoncelli, a differenza dei coni, non sono sensibili al colore. Infatti, quando si è in una situazione di buona luminosità sono i coni la parte più attiva e che permettono la normale visione dei colori. Mentre in condizioni di scarsa luminosità la parte più attiva sono i bastoncelli, i quali in questo caso permettono l’elaborazione dell’immagine da parte del cervello, la quale però è privata della sensazione del colore. Il nostro occhio raggiunge il massimo della sensibilità intorno alla lunghezza d’onda 555 nanometri la quale corrisponde al giallo-verde.

Foto vincitrice di: Ferrari Beatrice ©

Foto vincitrice di: Ferrari Beatrice ©

III. Prova a fermare il TEMPO

Curiosità: In fisica l’equilibrio è un concetto che ricorre spesso. A seconda delle circostanze dove questa situazione si verifica, l’equilibrio assieme alla sue più appropriate definizioni, caratterizza un sistema fisico in uno stato “privilegiato” dove tutte le sue proprietà non dipendono più dal passare del tempo, non si evolve, pertanto spesso è considerata la condizione più appropriata per poter indagare e definire alcune proprietà intrinseche del sistema stesso. Considerando quindi “l’equazione” equilibrio = assenza di tempo, si può affermare che in fisica non è consono pensare al tempo nella sua assolutezza, ma piuttosto nel suo essere relativo. Il tempo in fisica è piuttosto una misura di un intervallo tra un sistema fisico con certe caratteristiche ed una sua evoluzione. Esistono strumenti di altissima precisione per misurare questi intervalli di tempo, come gli orologi atomici che vengono chiamati così perché usano le oscillazioni di un particolare atomo (transizioni elettroniche tra livelli di energia negli atomi) come loro "metronomo”. Questi orologi ad esempio sono usati nei più comuni satelliti di navigazione satellitare in orbita attorno alla terra.

Foto vincitrice di: De Gasperis Giancarlo ©

Foto vincitrice di: De Gasperis Giancarlo ©

IV. Tana per il CAOS!

Curiosità: In fisica il determinismo è un concetto ambito poiché fornisce “sicurezza” nel descrivere l’evoluzione ed il comportamento di un sistema fisico. Utilizzando uno strumento matematico noto come equazioni differenziali, queste ultime arricchite da determinate le condizioni iniziali, regolano l'evoluzione temporale di un fenomeno. La possibile risoluzione di queste equazioni conduce ad una completa conoscenza del sistema, per ogni istante di tempo successivo. Ma bisogna dire che, non in tutti i sistemi fisici e non per tutte le condizioni iniziali, ovviamente, la situazione è abbastanza semplice da poter essere risolta con soddisfazione ed infinita accuratezza deterministica. Tra i sistemi per i quali uno schema simile può essere attuato sono ad esempio il moto dei corpi celesti sotto l'azione della forza di gravità e le oscillazioni periodiche di un pendolo. Nel primo caso, il cosiddetto problema dei due corpi come lo studio del moto di un pianeta intorno al Sole condotto risolvendo le equazioni differenziali basate sulla legge di gravità (trascurando le piccole interazioni con gli altri pianeti), è abbastanza semplice da affrontare ed è per di più deterministico. Già per il problema dei tre corpi, Henri Poincaré, dimostrò che esso non ammette soluzioni approssimate valide per un tempo arbitrariamente grande e per tutte le condizioni iniziali, quindi ammette soluzioni lontane dall’essere deterministiche. Ciò si deve al fatto che nel problema dei tre corpi entrano in gioco delle traiettorie dal comportamento che oggi definiamo per l’appunto caotico, ovvero caratterizzato da una forte dipendenza dalle condizioni iniziali: se lo stato di partenza di un sistema con tali proprietà è anche solo leggermente modificato, si possono produrre effetti molto rilevanti nello stato di arrivo, ovvero l’evoluzione del sistema può essere totalmente rivoluzionato. Non si ha pertanto, già in questo secondo caso, totale “sicurezza” e certezza sul come il sistema fisico evolverà nel tempo. Altro campo della fisica dove il caos si manifesta è in fluidodinamica. Difatti, nella definizione di regime turbolento si ha che il moto di un fluido in cui le forze viscose (resistenza allo scorrimento) non sono sufficienti a contrastare le forze di inerzia: il moto delle particelle del fluido che ne risulta avviene in maniera disordinato, completamente tridimensionale con caratteristiche non deterministiche. Per definire se un sistema è in regime turbolento si può far riferimento al numero di Reynolds.

Foto vincitrice di: Di Benedetto Carlo ©

Foto vincitrice di: Di Benedetto Carlo ©

V. Ho un EQUAZIONE da dirti

Curiosità: Le equazioni sono il linguaggio con il quale siamo in grado di descrivere la natura provando a dischiuderne tutti i suoi misteri. Ci permettono di comunicare dei concetti nel loro essere più asciutto, ovvero privi di qualsiasi influenza indotta dalla linguistica o dialettica. Di equazioni ne era un esperto Diofanto di Alessandria, un matematico greco antico. Difatti, una classe di equazioni che cercano come soluzioni solo numeri interi prendono il nome di equazioni di diofantee. Per di più, Diofanto, fece scrivere sulla sua tomba il seguente efitaffio, che tramutato in un equazione restituisce, come soluzione, un numero intero che altro non è che la sua età.
Questo sepolcro contiene Diofanto e quanto fu il tempo della sua vita con arte mirabile ti illustra. Giovinetto restò per un sesto, e perché si oscurasse di barba il mento, un altro dodicesimo dovette aspettare.
Dopo questo, un altro sesto trascorse prima che trovasse la donna con cui giacere, e nel quinto anno dell'unione nacque un bel bimbo.
Ahimè, lo sfortunato erede visse solo la metà dell'età paterna; cadde di morte crudele e improvvisa. Il padre lo pianse per i quattro anni che gli sopravvisse, prima di chiudere infine il conto dei suoi anni.
X/6 + X/12 + X/7 + 5 + X/2 + 4 = X
X=?
Foto vincitrice di: Aldi Alice ©

Foto vincitrice di: Aldi Alice ©

VI. Alla ricerca delle STRINGE perdute

Curiosità: La teoria delle stringhe è ormai una teoria della quale almeno una volta si è sentito parlare. Questo perché di una cosa si è certi, “suscita mistero grazie al suo fascino”. Alla teoria delle stringhe si attribuisce spesso la frase, è la “teoria del tutto”, affermazione che non è facile da sopportare e difatti ancora oggi è tra le teorie messe più in discussione e sotto torchio. La teoria delle stringhe trova il suo natele all’inizio degli anni sessanta, dove numerosi fisici, grazie ai sempre più potenti acceleratori di particelle, erano testimoni quasi tutti i giorni (per così dire) della scoperta di nuove particelle, che vanno sotto il nome di Adroni. Gli Adroni, sono “stati legati” di particelle elementari chiamati quark i quali sono tenuti insieme dall’interazione forte attraverso lo scambio perpetuo dei bodoni di gauge associati, i Gluoni (che fanno da collante, come il termine inglese suggerisce). Nella famiglia generale degli Adroni, troviamo ad esempio il Protone ed il Neutrone, particelle che popolano i nuclei degli atomi, che sono formate a loro volta da tre quark e per questo non definite come particelle elementari. La teoria delle stringhe inizialmente si prefiggeva come scopo quello di spiegare a livello teorico “lo spettro Adronico”, ovvero questa miriade crescente di nuove particelle e quindi di fornire anche degli strumenti di predizione. Questa interazione forte tra i quark, la si voleva parametrizzare con un oggetto chiamato stringa. La storia volle che, la teoria che meglio fiatava con gli esperimenti fosse la Cromo Dinamica Quantistica (QCD in inglese), difatti ad oggi si usa la teoria di QCD per indagare gli spettri adronici. Ma la teoria delle stringhe era (ed è) troppo ben costruita per essere accantonata brutalmente. Difatti, essa risorse poiché ci si rese conto che, queste corde vibranti (stringhe) unidimensionali, riescono con le loro vibrazioni a giustificare la presenza delle più disparate particelle, tra cui il famigerato Gravitone (il quanto associato, o particella, alla forza gravitazionale). Ed ecco che qui entrò a gamba tesa la frase “la teoria del tutto”, perché che lo si voglia o no, ad oggi la teoria delle stringhe è l’unica teoria che riesce a contenere contemporaneamente tutte le forse note (Forte, Elettromagnetica e Debole) e la Gravità. Il mondo delle stringhe è un modo strano, popolato da stringhe aperte che terminano su iperpiani chiamati Brane, stringhe chiuse che viaggiano indisturbate attraversando le Brane e gli Omega-piani (una specie di specchi). Oggetti, che "vivono" in uno spaziotempo con dimensione superiore a quattro. Insomma il mondo delle stringhe è paragonabile ad una avventura di Indiana Jones. 

Foto vincitrice di: Pelusi Francesca ©

Foto vincitrice di: Pelusi Francesca ©

VII. Attrazione MAGNETICA

Curiosità: La proprietà che alcuni minerali possiedono, ovvero quello di attrarre la limatura di ferro, come ad esempio la Magnetite erano già note nel VII secolo a.C. Il nome Magnetite fu ispirato dalla città greca di Magnesia che grazie alla presenza di diversi giacimenti di tale minerale, diede il nome “magnetismo” al fenomeno osservato. In generale si definisce con magnete un materiale che esibisce proprietà magnetiche. L’insieme dei dati sperimentali ci porta ad ipotizzare che gli elementi costitutivi dei magneti siano i “dipoli magnetici”, cioè oggetti caratterizzati dalla presenza di due poli di segno opposto (polo positivo e polo negativo), attraverso i quali l’interazione magnetica può manifestarsi come fenomeno attrattivo o repulsivo a seconda di quale coppia di poli dei rispettivi magneti si sta facendo interagire. Il magnetismo per molti aspetti non si discosta dai comportamenti legati ai fenomeni puramente elettrici, se non appunto per la non dimostrata presenza dei così detti “monopoli magnetici”, i quali altro non sarebbero che l’analogo delle singole cariche positive e negative presenti nei fenomeni elettrici. L’esistenza di questi monopoli magnetici fu teorizzata dal fisico Paul Dirac nel 1931 mentre conduceva i sui studi sul conciliare l’elettrodinamica classica con la meccanica quantistica. La cosa che li rende importanti oltre alla loro ipotetica pura esistenza è che, seguendo gli studi di Dirac, questi sarebbero in grado di giustificare un'altra proprietà fondamentale della materia: la quantizzazione della carica elettrica, cioè il fatto che in natura la carica elettrica appare sempre in forma di un multiplo intero di una carica elettrica elementare, quella dell'elettrone (escludendo il segno). Ad oggi diversi esperimenti sono alla caccia di questi oggetti fondamentali, come esperimenti condotti a terra con acceleratori di particelle ed esperimenti con sonde nello spazio che ne cercano le tracce in maniera diretta o indiretta.

Foto vincitrice di: Ceci Giulia ©

Foto vincitrice di: Ceci Giulia ©

VIII. Quella fanatica della SIMMETRIA

Curiosità: In natura, la simmetria, è un alleato d’oro poiché permette di generare configurazioni preferenziali dove il sistema presenta determinate caratteristiche, come l’essere in uno stato di minima energia, ovvero di minor dispendio di energia per mantenere quella data configurazione stabile. Si sa insomma, la natura è maestra del risparmio! Di conseguenza in fisica, la simmetria è un concetto importantissimo poiché permette ad un sistema fisico di essere studiato, confrontato, modellizzato, ipotizzato, etc. La presenza di simmetrie è connessa alla presenza delle così dette quantità conservate o preservate dal sistema, le quali costituiscono quindi delle proprietà intrinseche del sistema, delle proprietà che definiscono quel sistema in maniera inequivocabile e che possono essere pertanto sfruttate per dimostrare la validità di certe altre assunzioni o come punto saldo dal quale partire o fare riferimento nello sviluppo o studio di una nuova teoria ad esempio. Esistono diverse categorie di simmetrie: discrete, continue, globali e locali. La scelta della categoria dipende dal tipo di sistema fisico che si è preso in esame. Il teorema più famoso riguardante le quantità conservate dalle simmetrie è il “teorema di Noether”, matematica tedesca. Allo stesso ed identico modo oltre alla conservazione delle simmetrie, anche la “rottura” delle simmetrie gioca in natura un’importantissimo ruolo! Ad esempio se il gruppo SU(2)XU(1) dell’interazione elettrodebole non si fosse rotto al gruppo U(1)_em (elettromagnetico) attraverso il meccanismo di Higgs, oggi nel modello standard delle particelle, non avremmo saputo dare spiegazione alla massa di alcune particelle fondamentali ne tanto meno alla presenza dei fotoni massless (simmetria U(1)_em) e dei bosoni massivi Z e W(+/-).

Foto vincitrice di: Giuliani Giovanni ©

Foto vincitrice di: Giuliani Giovanni ©

IX. Ti regalo un fascio di FOTONI

Curiosità: In fisica, ma sopratutto in fisica delle particelle, spesso e volentieri si parla delle particelle (elementari o non) al singolare. In realtà quando si effettua un esperimento, è più corretto parlare di fasci di particelle, ovvero un insieme di innumerevoli particelle dello stesso tipo che viaggiano insieme tutte molti vicine. Questo fascio deve avere delle caratteristiche ben precise, a seconda del tipo di esperimento che si vuol fare, ma in generale non si può prescindere dalla necessità di avere un fascio ben collimato, ovvero un fronte d’onda piano (data la natura ondulatoria delle particelle), molto concentrato che vuole mimare l’urto di “singola particella” sfruttando la statistica a “multi particella” per ottenere più interazioni possibili con il target (altro fascio e/o bersaglio fisso come una lastra di materiale). Per collimare i fasci si usano degli strumenti chiamati per l’appunto, collimatori. I fasci di fotoni (luce) in particolare sono furono utilizzati ad esempio nell’esperimento di Einstein sull’effetto fotoelettrico come anche nell’esperimento Compton, dal quale prese il nome appunto l’effetto Compton o diffusione (scattering) Compton. I fasci di fotoni sono molto utilizzati nello studio dell’interazione tra la radiazione elettromagnetica ed i materiali. Uno tra gli oggetti più comuni caratterizzato dalla presenza di un fascio di fotoni con caratteristiche ben precise è il Laser, il quale oltre ad essere composto da una sorgente che emetta onde elettromagnetiche, presente una zona detta cavità ottica dove le onde elettromagnetiche dopo numerose riflessioni escono ben concentrate.

Foto vincitrice di: Aldi Alice ©

Foto vincitrice di: Aldi Alice ©

X. Il RETICOLO, maestro della replica

Curiosità: In fisica, non sono pochi gli indirizzi di ricerca dove il reticolo ne è il protagonista. Tra questi possiamo infatti citare sia la fisica della materia sia la fisica delle particelle elementari.
Nel caso della fisica che studia la struttura della materia, lo studio dei reticoli è tra i primi step che si effettuano quando un dato materiale deve essere caratterizzato. La struttura reticolare, ovvero la distribuzione geometrica che gli atomi del materiale in questione seguono, associa specifici comportamenti e proprietà al materiale stesso. Ne è un esempio la distribuzione degli atomi di carbonio nella grafite e nei diamanti. Nella grafite gli atomi di carbonio sono disposti secondo maglie esagonali su piani legati da forze assai deboli, che garantiscono ad esempio lo scorrere della matita sul foglio lasciando traccia del tratto. Mentre nel diamante la distribuzione tetraedrica degli atomi di carbonio, garantiscono robustezza e stabilità al minerale in questione.
Nel caso della fisica delle particelle elementari le tecniche di calcolo basate sul “reticolo”, sono molto all’avanguardia e precise. Queste tecniche prevedono che lo spaziotempo nel quale le particelle elementari si propagano, non è rappresentato da un tessuto continuo, ma viene discretizzato in delle cellette di una certa dimensione, la quale prende il nome di passo reticolare. La potenza di queste tecniche è che al termine del calcolo si è in grado di estrarre i risultati facendo li limite del continuo, ovvero mandando il passo reticolare a zero, ristabilendo l’usuale continuità dello spaziotempo. Queste tecniche sono particolarmente usate in teorie come la QCD (cromodinamica quantistica), la teoria che descrive l’interazione forte, dove i protagonisti sono i quark ed i gluoni, mattoni fondamentali per le particelle adroniche come i nucleoni.

Foto vincitrice di: De Gasperis Giancarlo ©

Foto vincitrice di: De Gasperis Giancarlo ©

XI. Ti va di “SCATTERARE”?

Curiosità: I processi di scattering o di diffusione sono protagonisti in gran parte degli ambiti di ricerca in fisica. Si parte di semplici studi di meccanica classica, per poi passare all’ottica, all’interazione radiazione-materia, alla fisica delle particelle, alla teoria delle stringhe, all’astrofisica, etc…
Con il concetto di scattering si vuole indagare come in generale avviene e può essere descritto teoricamente ed osservato sperimentalmente un processo nel quale il protagonista è l’“urto” di “qualcosa con qualcosa”. Qualsiasi siano gli “ingredienti” coinvolti nell’urto, il risultato ha sempre riservato grande stupore ed enormi quantità di informazioni da analizzare per poter comprendere in fondo l’evento al quale si è assistito. I Processi di scattering hanno un importanza da primo piano poiché sono il “teatro” dove l’interazione tra sistemi fisici può essere studiata. E cosa c’è di più importante in fisica dell’interazione? Dopotutto, la fisica è costruita sul fatto che tutto ciò che avviene è collegato sia al concetto di “causa” ed “effetto” sia che “ogni azione corrisponde una reazione”. Quindi l’interazione, ed il suo manifestarsi, sarà sempre il centro del nostro rebus preferito, l’Universo. Proprio come ogni moneta ha due lati, se da un lato abbiamo l’interazione dall’altro possiamo affermare di avere i processi di scattering.
Per citare un esempio celebre dove lo scattering è stato lo “strumento” di indagine utilizzato per capire come tutto ciò che siamo sia effettivamente, ricordiamo gli esperimenti condotti da Geiger e Marsden sotto la direzione di Ernest Rutherford. Grazie a questi esperimenti si dedusse che l’atomo possiede al suo centro un nucleo. Fu scartato pertanto il modello di Thomson che prevedeva un atomo “pieno” come un panettone e fu avvalorato il modello atomico di Rutherford. Questo risultato fu ottenuto grazie allo studio dell’urto tra le particelle alfa messe da una sorgente (es. Radio) ed i nuclei degli atomi d’oro della lamina bersaglio.

Foto vincitrice di: Romanelli Andrea ©

Foto vincitrice di: Romanelli Andrea ©

XII. Non ho mai capito la GRAVITA’ della cosa

Curiosità: La gravità è l’unica forza che noi “particelle macroscopiche” siamo in grado di sperimentare. Fondamentalmente trovare un modo per conciliare noi stessi con la natura della forza gravitazionale, stando in equilibrio, è tra le prime cose che impariamo. Ma, nonostante sia l’unica forza alla quale abbiamo macroscopicamente accesso come “strumenti sensibili”, al contrario delle altre forze fondamentali come la forza elettromagnetica, debole e forte, non abbiamo ancora un quadro completo che la possa descrivere a tutto tondo in qualsiasi situazione, a partire da quelle più semplici (cadere da un gradino) a quelle più estreme (studiare l’interno di un buco nero). La gravità è una forza a lungo raggio, che gestisce non solo l’ordine ed il movimento dei corpi macroscopici nell’universo ma gestisce di per se l’intero tessuto spaziotemporale, cioè la sua geometria (curva su grandi distanze). Gestendo quindi il tessuto spaziotemporale, la sua presenza è ovunque, ma i suoi effetti sono rilevabili e predominanti solo in determinate condizioni. Ad esempio nella fisica delle particelle elementari il contributo gravitazionale è quello più soppresso, pertanto lo si può trascurare oltre al poter approssimare lo spaziotempo come perfettamente piatto. In cosmologia ed in astrofisica invece considerare gli effetti della forza gravitazionale (grazie alla relatività generale) per stimare l’effettiva distanza di stelle, galassie, quasar, è molto importante. La forza gravitazionale è predominante, come detto, quando si parla di Buchi neri. Oggetti molto molto massicci, densi e difficili da osservare. I buchi neri, sono lo stadio finale dell’evoluzione di alcune stelle, stadio che ancora oggi è oggetto di studi approfonditi poiché la linea di demarcazione tra lo studiarli senza l’utilizzo della meccanica quantistica o con gli strumenti di quest’ultima, è molto sottile.